In quello medesimo anno il re andò a Lucca per le cagioni che appresso diremo. Parendo, che per la rotta di Ferrara le forze del legato e del re fossero diminuite, i figliuoli di Castruccio, che erano per statichi nelle mani del re, occultamente si fuggirono, e, ragunato grande numero degli amici paterni, subitamente entrarono in Lucca, e ridussero la terra in loro potestà, eccetto la fortezza che si teneva per la guardia del re. Questa novità mosse il re a andarvi in persona con dumila cavalli: donde prestamente ne cacciò i giovani, e racquistò la terra e fece pagare a' Lucchesi grande quantità di pecunia. Di poi, venendogli quasi in tedio le cose d'Italia, deliberò ritrarsi e tornare di là dall'Alpi.
In questo tempo, trovandosi la città di Firenze per la vittoria acquistata in grande letizia, sopravenne uno diluvio d'acque che quasi la sommerse. Perocchè, circa le calende di novembre continuando la piova quattro dì e quattro notti, crebbero i fiumi per l'abbondanza dell'acque in Casentino e in quello d'Arezzo in modo, che eglino uscivano de' loro letti, e come una marina coprivano ogni cosa. E aggiugnendosi il fiume della Sieve, che aveva allagato il Mugello, era tanto cresciuto l'Arno, che nè le ripe nè alcuno altro ostacolo lo ritenevano, e aveva pieno tutti i luoghi di sopra alla città. Questa forza d'acqua percotendo nel muro della terra, ne gittò giù una parte di verso levante. Di poi, come se ella avesse vinta e presa la città, corse per tutto, e i cittadini con grande spavento le fuggivano innanzi; e crebbe tanto, che al tempio di San Giovanni alzò sopra il mezzo delle colonne di porfido, e negli altri luoghi più bassi più che dodici piedi.
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