Chi è adunque cagione di questo fatto, o quello che è costretto, o quello che costrigne? se già quando uno getta le robe in mare, si debba attribuire la cagione a lui e non alla tempesta. Se noi siamo cagione di questo, come è manifesto, quanta ingiuria ci è fatta, se siamo spogliati di quelle cose che per nostra opera si sono acquistate? Quando i cacciatori, che non hanno fra loro alcuna lega, lievano una fiera e quella perseguitano, se ella è presa poi da altri, vuole la legge e il costume delle genti, che ella si renda a chi prima l'ha trovata: perocchè non è cosa alcuna più indegna che ritenere le cose acquistate dalla fatica d'altri. Voi adunque che siete confederati e congiunti al giuramento, sarà cosa indegna, se non ci metterete in compagnia della preda trovata e perseguitata da noi. Ma voi potreste dire: Il nimico non vuole venire alle mani tue. A questo si risponde, che non abbiamo fatto lega per fare la volontà del nimico. E ancora non si dà volontario, ma per forza: e necessità è quella che rompe ogni cosa. Che può essere maggiore inconveniente, che attendere la volontà de' nimici e sprezzare quella de' collegati? Gli uomini savj hanno voluto, che in nessuna cosa umana si richiegga maggiore osservanza di fede che nella confederazione: perocchè, se la fede si viene a violare nel collegato, che sarà quello che in vita si possa chiamare stabile? E pertanto, i giudizj dell'altre controversie sono come privati, e quasi non segue se non il danno del danajo; ma per il collegato il giudicio viene a essere capitale: perocchè le leggi non vogliono in alcuno modo che quello uomo si debba reputare intero, il quale non è d'intera fede inverso de' collegati.
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