Era vostro ufficio, o Perugini, di considerare quello che voi dicevate e molto più a chi, perocchè questa arroganza di parole non diminuisce la ignominia, ma piuttosto l'accresce. Chi è quello che possa sopportare, che gli sia opposta una cosa, la quale quello medesimo che l'oppone l'abbia commessa? Voi avete senza alcuna vergogna usato un parlare molto perverso, perocchè apertamente dite, che voi soli avete fatta la guerra, la quale è stata nostra; dite le fraudi essere commesse da noi, che sono state vostre. E domandate, che almeno questa cosa vi sia accomunata! La vostra ambasciata non ha questo tenore, ma piuttosto pare con aspra contumelia ci riprenda, ci sprezzi, ci accusi, come se non fussimo stati utili in alcuna parte della guerra. A questo, come appare, tutto il proposito della vostra imbasciata si dirizza: perocchè chi domanda di ragione, non suole usare parole ingiuriose nè piene di contumelia, ma piuttosto oneste e gravi, massimamente quando si parla della città."
Avendo fatto fine il magistrato al suo dire, i cittadini che v'erano presenti mitigarono questa contenzione, e ricominciassi a ritrattare la cosa con più dolci parole, e quietamente a udire le ragioni dell'una parte e dell'altra. In ultimo, si prese una via di mezzo a comporre le discordie di queste città: che i Perugini avessero Lucignano, Sabino, Floriano e Anghiari, che erano castella degli Aretini, e che mandassero cinque anni a Arezzo il rettore, al quale si potesse appellare dalle sentenze. E in questa maniera le cose di Arezzo e le discordie e le guerre si composero.
| |
Perugini Perugini Lucignano Sabino Floriano Anghiari Aretini Arezzo Arezzo Perugini
|