Questa ultima cosa pareva di qualche preminenza, ma era poco: perocchè tenendo i Pisani la fortezza e la città, ed essendo signori e governatori d'ogni cosa, il nome del rettore veniva a essere vano e rimanere solamente come uno apparente titolo. Per questa pace quella parte di nobilità che per sedizione n'era stata poco innanzi cacciata, ritornò dentro, e con somma grazia del signore, e quasi restituita per suo beneficio. Appresso, Saccone e i suoi congiunti liberati dalla carcere ebbero Bibbiena e l'altre loro castella intorno a Arezzo. Avendo provveduto alla guerra de' Pisani, volgendosi agli altri provvedimenti, fece richiedere e chiamare a sè tutti i Francesi che erano per Italia; molti ancora si partirono da casa, sentendo la fama della sua potenza: e di costoro elesse circa ottocento cavalli, i quali ordinò che stessero alla guardia. Dopo questo, fece amicizia e lega co' Pisani, piuttosto, come si vedeva, contro a' cittadini che contro a' nimici di fuori: e per convenzione della lega commune tolsero a soldo dumila cavalli. Questi provvedimenti fece di fuori con grande cautela: dentro si governò in ogni cosa perversamente, e in alcune con levità e con stoltizia.
I priori, che solevano essere il supremo magistrato della città, non gli levò via in tutto, che sarebbe suto più tollerabile, ma privati d'ogni autorità, con poca faccenda e compagnia, gli lasciò quasi come un acerbo e miserabile spettacolo negli occhi de' cittadini: e non avendo Carlo figliuolo del re Ruberto, che aveva tenuto innanzi il governo della terra, uomo di tanta stirpe e di tanta dignità, rimosso i priori dallo onore del pubblico palazzo, ma la persona sua abitata altrove, costui, molto inferiore e dissimile, cacciò i priori della casa pubblica e egli v'entrò. E in tutto levò via i gonfalonieri e le compagnie, tolse l'arme a' cittadini, annullò tutti gli onori e magistrati, eccetto quelli che erano concessi da lui.
| |
Pisani Saccone Bibbiena Arezzo Pisani Francesi Italia Pisani Carlo Ruberto
|