In questo mezzo la ossidione e la battaglia non cessava nè dì nè notte: e col tiranno era una gente valorosa di circa trecento soldati, che s'erano afforzati in quel luogo e ben forniti d'ogni cosa. Ma questi provvedimenti pareva che fussero solamente per indugiare il pericolo, non per dare speranza di salute. E pertanto, gli ossidiati ora interponevano colloquj, ora domandavano d'impetrare la fede loro con molti prieghi e molte supplicazioni: e ancora, per mitigare l'ira colla punizione d'alcuni, cacciarono gli esecutori del tiranno che avevano perseguitati i cittadini, e erano richiesti per vendetta fuori della porta del palazzo, alle coltella e al furore del popolo: i quali, subito smembrati, riportarono degno frutto della loro crudelità.
Per questo attutata alquanto la indegnazione de' cittadini, il vescovo degli Acciajuoli e i quattordici uomini cominciarono a praticare cogli ossidiati. Nell'ultimo, per migliore partito fu salvata la vita al tiranno e agli altri ch'erano con lui, con patto che egli rendesse il palazzo, e renunciasse spontaneamente ogni podestà che il popolo gli avesse data. Quella renunzia, perchè non vi fusse errore, parve loro che si dovesse ancora fare fuori del nostro territorio. In questo modo il tiranno, dato il palazzo al vescovo e a' quattordici uomini, si rimise nelle loro mani: e fu tenuto di poi due dì nel palazzo a buona guardia, perchè non fusse violato dal popolo. Finalmente di notte fu mandato fuori della città. Andossene di fatto in Casentino, e quivi un'altra volta fece la renunzia circa dieci mesi di poi che egli aveva preso il dominio.
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Acciajuoli Casentino
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