La città, commossa per questa novella e accesa ancora dall'odio passato, gli mise una taglia drieto a sua morte e destruzione: e per maggiore contumelia, fece dipignere la sua effigie con significazione dei vizj appresso a' palazzi pubblici. Mandò ancora per questa cagione oratori al re, acciocchè inconsideratamente non si movessi a credere, e, come accade, a gratificare al tiranno.
Non molto di poi gli ambasciadori del re vennero a Firenze a domandare, che fussi satisfatto al tiranno, e che gli fussi dato grande numero di pecunia per ristoro di danni, i quali lui diceva avere ricevuti dalla moltitudine furiosa. A questi tali, poi che ebbero esposto in un grande consiglio l'ambasciata del re, fu fatta umanissima risposta, per la reverenza del principe che gli mandava. Ma i mancamenti del tiranno e i vizj furono manifestati in modo di quello uomo, che gli ambasciadori, udendo tanta malignità, furono costretti a tacere. Ultimamente, furono appresentate le renunzie, le quali lui non tanto a Firenze, ma ancora a Poppi, luogo libero e fuori d'ogni sospetto, spontaneamente aveva fatte. Mostrarono di poi, che non si maravigliavano punto che lui venisse contro alle confessioni e a' suoi proprj giuramenti, perchè già molto innanzi, avendo calcata la religione e fede data al popolo, senza alcuno rispetto aveva fatto ogni cosa dove l'aveva tirato il suo appetito e la sua cupidità; non aveva avuto alcuna vergogna degli uomini, nè alcuno timore di Dio; e per questa cagione essere debita cosa, che il loro prestantissimo re non solamente non dessi audienza a uno uomo maligno, ma piuttosto raffrenasse la sua nequizia.
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