Queste cose di che natura sieno le potete arbitrare secondo la misura di noi medesimi: perocchè, avendo tanto cara la nostra libertà, che noi predichiamo per quella ogni pericolo e, se bisogna, ancora la morte doversi prendere, è da stimare questo medesimo senso essere negli altri uomini. Forse che a alcuni manca la facoltà: ma è da credere essere in tutti una medesima volontà. La ritornata degli usciti nostri con che indegnazione verremo noi a sopportare, se fussero non con nostro consentimento, ma per forza sopra il capo nostro rimessi? Esaminando adunque tutte queste cose, dobbiamo stimare i Pistolesi essere inverso di noi d'animo inimicissimo, e per questo esser di bisogno di tôrre loro ogni facultà di nuocere. E da altra parte bisogna colle parole dimostrare non essere di nostro proposito d'occupare la libertà loro, ma per la commune conservazione volere mettere una guardia nella città, per la quale loro possano stare più tranquillamente, e noi più sicuri, e ogni sospetto si levi delle menti del popolo fiorentino: e se questo non vogliono ricevere, dimostrare che noi non siamo disposti rimanere in questa suspizione. Finalmente è da significare loro, che egli è posto in loro arbitrio di avere il popolo fiorentino per amico o per inimico. Nè per questo si ritardi di mettere a ordine le cose che sono necessarie a ossidiare e combattere le città. Appresso si domandi gli ajuti de' collegati; tutte le genti si ragunino a Pistoja; la nostra gioventù esca fuori colle bandiere; le bombarde e altri istrumenti e artiglierie si facciano portare in quello luogo, acciocchè s'intenda che il nostro sforzo non è leggieri, ma con ogni ostinazione d'animo è fatto e ordinato.
| |
Pistolesi Pistoja
|