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      Per queste cagioni, i Fiorentini non si provvedevano nè di gente nè di capitano, acciocchè non dimostrassero avere dubbio della presente quiete, e accrescendo le loro genti, non dessero ombra nè cagione di sospettare.
     
      Da altra parte, l'arcivescovo pareva che avesse occasione d'accrescere il suo esercito: perocchè gli restava la guerra d'Imola, e non gli era difficile fingere qualche sospetto e timore per Lombardia; e appresso, il nuovo dominio di Bologna contro alla volontà de' cittadini pareva che richiedesse di stare ben provveduto di gente d'arme, senza dare alcuna ombra al popolo fiorentino. Di qui seguiva, che la città veniva a stare sospesa fra la speranza e la paura, e poco provveduta di gente d'arme. E da altra parte l'arcivescovo copioso di gente, quando vide essere bene a ordine, fece prendere i principali cittadini di Bologna, e come ordinatori di trattato gli fece esaminare con tormenti, e finalmente confessare, come volle, che eglino avevano tenuta pratica col popolo fiorentino di tôrgli lo stato di Bologna e liberare la città. Di qui prese occasione di muovere guerra: perocchè, e' non è cosa alcuna che manchi meno a' tiranni, che in luogo delle cagioni vere fingere le false. Ordinando adunque sotto questo colore di nuocere o di muovere guerra, fece venire in Lombardia i ghibellini di Toscana i quali, come abbiamo detto di sopra, s'aveva uniti e fatti parziali. Andarono molti di loro sotto ombra di visitazione: e quegli che nello andare avrebbero generato maggiore sospetto, gli mandarono ambasciadori.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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