Io confesso, che la sommissione de' Fiorentini pare cosa desiderabile, pure che ella fusse senza destruzione della nostra libertà. Ma se il pericolo della subiezione loro si tira dietro ancora la nostra, stieno più tosto fermi e stabili, che la loro ruina sèguiti quella della nostra città. Castruccio lucchese, uomo di grande animo, ma non di potenza pari allo arcivescovo, nè di pari dignità, avendo fatta la impresa di sottomettere il popolo fiorentino, chi era quello che non se ne rallegrasse? Ma in fine sappiamo quella letizia in quanto dolore si convertì! perocchè non prima fece nocimento Castruccio a' Fiorentini, che egli ebbe messi i Pisani sotto il giogo della servitù. E così per esperienza si vide, che volendo i Pisani nuocere ad altri, condussero loro medesimi sotto la potestà del tiranno. Io conforto, che a questo si debba avere riguardo, massimamente perchè della potenza di Castruccio non è da fare comparazione con quella dello arcivescovo, nè ancora la consuetudine e la natura del signoreggiare. Per queste ragioni conchiudo, che si osservi la pace, e piglisi scusa con lo arcivescovo, che senza mancamento della nostra fede e delle nostre promissioni, non possiamo fare impresa contro alla repubblica fiorentina."
Dopo questa orazione, il magistrato propose nel popolo, se intendeva la pace fatta e osservata dirittamente co' Fiorentini, romperla contro al giuramento e contro alla fede pubblica. Allora ogni buono cittadino, come pareva conveniente, per fuggire la infamia, si volse col partito alla via onesta: e coloro che in contrario s'adoperavano, per vergogna consentirono a quel medesimo.
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