Di poi, essendo venuti ai secondi, s'ingegnavano di riempirgli e passare ancora più oltre. Quegli di dentro da prima facevano resistenza allo steccato e dalle mura: ma essendo fortemente oppressati, e vedendo riempire i fossi, non dubitarono uscire fuori e d'appresso venire alle mani. E così, subitamente usciti del castello, appiccarono la scaramuccia, per dimostrare che non si confidavano tanto nelle mura quanto nell'arme e nella loro virtù. Questa cosa sbigottì tanto i nimici, che si ritrassero nel campo, e posto da parte la speranza di potere avere per forza il castello, si volsero alla fraude e agl'inganni: perocchè stettero il dì quieti, e circa la mezzanotte ordinarono trecento uomini d'arme eletti che con le scale salissero alle mura da quella parte dove la luna faceva ombra: e tutto il resto della moltitudine con faccelline e balestre e altro qualunque apparato da espugnare le terre fece émpito con grandissimo romore da un'altra parte molto lontana da quella, stimando tirare quegli di dentro a quella cura e a quel romore dall'altra parte del castello. Ma gli assediati, benchè la notte si riposassero volentieri, nientedimeno, chiamati dalle guardie, corsero ognuno come era ordinato a' luoghi suoi, conoscendo facilmente lo inganno de' nimici. Pertanto, dov'era apertamente la battaglia, facevano resistenza: negli altri luoghi stavano con silenzio, e se alcuno insulto repentino sopraveniva, erano attenti alla difesa. Crescendo la battaglia, e stimando i trecento uomini d'arme che s'erano nascosti sotto l'ombra, che tutti quelli di dentro fussero vôlti a quella parte dove si combatteva, tacitamente passarono i fossi e posero le scale al castello; e essendo già condotti presso che in su le mura, subitamente si levò il romore dalla parte di sopra, e sassi e travi e altre simili cose furono gittate loro addosso, e in ogni luogo rotte le scale, e ributtati.
| |
|