Appresso, si dolevano, che sì grave e sì feroce nimico era quasi confermato per l'autorità del pontefice. Accresceva ancora questo dolore la letizia de' loro avversarj, i quali avevano contro la volontà de' collegati ottenuto la punta; pareva che di gaudio trionfassero. Il perchè la tregua non fu ratificata dagli oratori, ma ogni cosa rimesso allo arbitrio delle loro repubbliche. Tutte queste cose significate dagli oratori alle loro signorie, mossero le città alla speranza di Carlo, senza alcuno riguardo del sommo pontefice: e poi che la sua passata fu alquanto praticata, finalmente si fece conclusione con lui, che venisse in Italia contro allo arcivescovo, dandogli certa somma di pecunia, e obbligaronsi favorirlo come imperadore de' Romani. E così volsero gli animi de' popoli a questa espettazione.
In questo mezzo tempo il castello di Vertine, già molto innanzi assediato, si ebbe a patti, e fu disfatto insino a' fondamenti. Solo una volta gli avevano dato grande battaglia, e benchè gli usciti che v'erano dentro l'avessero vigorosamente sostenuta, nientedimeno, vedendo lo apparato grande, s'accordarono di dare il castello, salve le robe e le persone. E in questa forma insieme cogli usciti da Ricasoli se ne partì centocinquantotto fanti che vi erano dentro, e ebbero spazio di portarsene le cose loro. Di poi la fortezza e le mura furono gittate in terra.
In quella medesima state le genti dei Fiorentini e de' collegati corsero in quel d'Arezzo alla Penna e a Gaenna, e predarono quelli e alcuni altri castelli degli usciti.
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