Con queste ragioni s'ingegnavano muovere la città.
Ma il popolo fiorentino con franco e generoso animo deliberò piuttosto sopportare ogni cosa, che cedere a' minacci de' Tedeschi: e quanto maggiori pericoli si dimostravano, tanto si riputavano maggior gloria a ovviare a quelli. E certamente stimavano quello che era il vero, essere posto uno grande onore nella resistenza, e nello stare costanti e forti contro di coloro. E pertanto non vollero udire pratica alcuna di patti nè di convenzioni; ma con sollecitudine messo in punto le genti, aspettavano francamente la venuta de' Tedeschi.
Era già la fama per tutto divulgata, come i Fiorentini non cedevano a' Tedeschi, ma con virile animo s'apparecchiavano a resistere. E pareva, che gli occhi d'ognuno fossero vôlti a loro, non solamente de' popoli di Toscana, ma ancora delle altre parti d'Italia: perocchè e' si meravigliavano, e riputavano cosa egregia essere in loro tanta generosità d'animo; e per questa cagione si studiavano tutti di dare loro ajuto e favore. Il perchè e dal re di Sicilia e da messere Bernabò Visconti e da' signori di Padova e di Ferrara vennero gli ajuti. Ma questi vennero di poi: perocchè da principio la repubblica mise prestamente in punto le sue genti, e dessero per capitano Pandolfo Malatesta. Il quale, come sentì i Tedeschi del contado di Perugia essere passati in quel di Siena, si fece incontro con tutte le genti in Val di Pesa, con fermo proposito di resistere, se i nimici si facessero loro innanzi. I Tedeschi, vedendo contro alla speranza loro le genti de' Fiorentini essere apparecchiate alla battaglia, soprastettero alquanti dì in quel di Siena: finalmente passarono per quel di Volterra in quel di Pisa.
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