E già una cava s'era condotta a' fondamenti d'una di quelle due torri: la quale, mossa e rovinata, gittò in terra una parte del muro in forma, che dando l'entrata a quelli di fuori, subitamente le genti d'arme, desiderose della preda, v'entrarono dentro. I terrazzani disarmati domandavano la fede dal capitano, e senza aspettare altro termine, dicevano essere contenti di dare loro la terra. E se dal capitano e commissarj non si fusse prestamente provveduto, e quasi per forza ritenute le genti d'arme, il castello, senza avere rispetto ad alcuna composizione, sarebbe stato messo a
sacco. E così fu grande fatica a trasferire le genti d'arme, che gridavano la preda appartenersi a loro secondo l'ordine della guerra.
Preso Peccioli, il capitano andò al conquisto dell'altre castella di quel di Pisa, e alcune n'ebbe per forza, alcune spontaneamente si dettero. Ma crescendo ogni dì gli sdegni e le querele della gente d'arme, che si lamentava avere perduta la preda di Peccioli, e non mancando i seminatori di scandali e di sedizioni, il capitano, dubitando di maggiore movimento nello esercito, si tirò a Samminiato. In questo luogo quelli che erano autori della sedizione fecero campo di per sè: e ragunati insieme circa dumila cavalli, si partirono di compagnia a andare a predare.
In quel medesimo tempo i Pisani erano molestati ancora per mare da' Fiorentini, che avevano quattro galee: due tolte a soldo da' Genovesi, che n'era capitano Ferino Grimaldi; due altre n'aveva mandate messer Niccola Acciajuoli di Puglia, il quale era grande e potente nel Reame.
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