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      Pandolfo capitano della guerra era incolpato. Alcuni dicevano che non voleva, alcuni dicevano che non sapeva provvedere al bisogno. E queste cose moltiplicarono in modo, che prese licenza, e lasciò la cura di quella guerra.
     
      In questo mezzo i nimici, appressandosi col campo, occuparono tutti i colli che soprastavano alla città dalla via di Bologna insino a' monti di Fiesole. E di poi il giorno seguente, che fu il dì di calende di maggio, discendendo giù colle genti in battaglia, vennero alla terra con tanto empito, che non vi fu alcuno fuori della porta, che combattendo non fusse rimesso dentro: e i nimici dalle torri e dalle mura erano feriti. Di poi, ritiratisi indietro, si fermarono in su' colli, e la notte seguente con molte facelline e grida discorrendo pel paese, fecero molte feste e segni di letizia. La città spaventata, che non solamente vedeva i fuochi, ma ancora udiva le voci de' nimici, stette tutta la notte vigilante: e alcuni romori alle mura in più luoghi si sentirono, che accrescevano il timore e la paura.
     
      Il dì seguente, i nimici, poi che ebbero arsi quasi tutti gli abituri che erano a Fiesole e a Monte Ughi e in quegli luoghi circustanti, mossero il campo, e passato Arno, entrarono in sulla via di Pisa. In quel luogo tentando di venire alla porta, come avevano fatto per la via di Bologna, con molte ferite furono ributtati da' cittadini, che già s'erano ausati, e avevano imparato a sprezzare le paure vane. E pertanto da quella parte ancora fatto che ebbero i nimici molti danni e arsioni, partirono dalla città, e pigliando il cammino per colli dalla man destra, passarono in val d'Arno di sopra, e di poi in quel d'Arezzo, predando insino alle mura.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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