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      Gran moltitudine del popolo pisano, come desiderosa di nuocere, si trovō nella prima schiera. Di loro fu fatto grande strazio, e gran numero di cittadini vi rimasero prigioni. Il capitano ritenne i nostri dal seguitare pių oltre, dubitando degli agguati pel fuggire sė presto dei nimici. Furono morti in quella prima schiera de' Pisani pių che ottocento, e presi da dumila. Giovanni Aguto col resto delle genti che aveva, rifuggė prima a Sansovino; di poi, abbandonati i campi, si ridusse dentro dalle mura di Pisa.
     
      I Fiorentini s'accostarono col campo a Pisa: ma poi che videro che non usciva fuori alcuno, ritrassero le bandiere indietro, e per scaricarsi degli impedimenti della preda, ritornarono inverso Firenze. Tutti i prigioni de' Pisani furono portati a mostra del popolo in su quarantaquattro carra, e messi in carcere. Fatte queste cose, il capitano di nuovo si mosse colle bandiere, e ritornō in quel di Pisa. Ma lo esercito, per rispetto della contesa de' prigioni e della speranza data loro di paga doppia, era male d'accordo e in tanta sedizione, che non voleva nč ubbidire, nč andare pių oltre. Per questa cagione il capitano soprastette alquanti dė in sul contado di Pisa, per mitigare e pacificare gli animi de' soldati; e finalmente, composte le cose in certa forma, andō insino alle mura di Pisa: e in quel luogo molestando i nimici, e facendo loro molto danno, di nuovo nacque tanta discordia nel campo, che vennero presso che alle mani. E per questa cagione il capitano si partė presto: perocchč, giudicando essere pericoloso in tanta divisione dello esercito stare sotto la terra de' nimici, dette licenza a una parte delle genti, e lui col resto passō nel contado di Lucca.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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