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      Al quale pensiero se la città non avesse con prudente consiglio ovviato, bisognava senza dubbio ricevere il giogo della servitù: perocchè lo esercito era sì grande, che non si poteva rimuoverlo del paese, specialmente venendo di subito e di improvviso. Ma la città a questo pericolo imminente pose presto rimedio, non coll'arme, ma colla prudenza: perocchè ebbero mezzo di dare a' capitani di quelle genti centotrenta migliaja di fiorini, e fuori della speranza del legato, non solamente furono placati, ma ancora, diventati amici, non fecero alcuno danno. A questa indegnazione s'aggiunse in quelli giorni uno trattato che si scoperse nel castello di Prato, il quale si menava di saputa e ordine del legato. Per queste cose s'accesero gli animi de' cittadini: e aggiunto il timore collo sdegno, deliberarono fare impresa contro a questi modi de' cherici. E per questa cagione furono messe in punto le genti, e creati li otto di balía, a' quali fu commessa la cura e amministrazione della guerra. E la città, per la ingiuria nuovamente ricevuta e per rimediare per lo avvenire al pericolo della libertà, con grande e rilevato animo fecero la impresa della guerra. E in brieve tempo i provvedimenti degli otto e la loro sagacità (che erano uomini prestanti e solleciti) per le cose che seguirono si dimostrò: perocchè non si scoprivano con baldanza, nè apertamente alle cose che facevano, ma trattavano di segreto e sollevavano gli uomini delle città, e offerivano i loro favori. E in questo modo in poco tempo fecero grande danno a' loro avversarj.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Prato