E nientedimeno sopra tutte le cose sbigottì le menti loro la ribellione di Bologna, la quale si tenea con gran gente d'arme di quella degli Inglesi, della quale era capitano messer Giovanni Aguto. Perocchè, essendo ito a ricuperare Granajuolo, che in quelli dì s'era ribellato, e condottovi le genti, i Bolognesi, non molto innanzi sollecitati dagli otto della guerra, per la partita delle genti presero animo, e levatisi coll'arme, come li altri, si ridussero in libertà: e subitamente, come era ordinato, vi furono gli ajuti del popolo fiorentino. Gl'Inglesi che si trovavano fuori sentirono la novità del popolo bolognese, e non avendo ardire di tornare in Bologna, entrarono in Faenza, la quale perseverava nella fede del legato. Il popolo non fece resistenza a ricevere gl'Inglesi: e trovandosi dentro alle mura, per gran malignità del capitano, fecero inverso i cittadini tutte quelle cose che si sono usate fare nelle terre prese e avute per forza: perocchè le sostanze furono messe in preda, e li uomini o battuti o morti, e le donne riservate al loro piacimento, e le cose sacre miserabilmente violate dalla empietà de' barbari. Ultimamente la città spogliata d'ogni cosa, non vi essendo rimaso se non le mura e le case, il capitano maligno la vendè ai signori di Ferrara.
Papa Gregorio, udita la ribellione di Bologna, per riparare alla ruina dello stato ecclesiastico, condusse semila cavalli e quattromila fanti di ferocissima gente di Brettoni, e mandò con loro un legato de latere, il quale chiamavano il Gebennese e lui, trovandosi in Francia, pubblicò scomuniche e pene contro a' Fiorentini, molto gravi e spaventevoli.
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