Il perchè non parve a' Fiorentini doverle sprezzare, massimamente potendo provare con buone ragioni, che tutta la colpa si poteva riferire ne' suoi perversi ministri. Furono adunque per questa cagione mandati alla santità sua due oratori: messer Alessandro dalla Antella, e messere Donato Barbadori, uomini famosi in ragione civile e in dire e in fare molto efficaci. I quali, passato l'Alpi, e condotti al cospetto del sommo pontefice al fiume del Rodano, ed essendo loro data udienza in pubblico concistorio alla presenza di gran moltitudine di gente, che v'erano concorse per volere udire, parlarono come appresso diremo: "Se i tuoi governatori o vogliamo dire legati, padre beatissimo, i quali tu mandasti a reggere le città d'Italia, avessero pensato fare uno governo benigno a' popoli e non una tiranneria spaventevole alle teste degli uomini, nè tu al presente avresti cagione d'accusarci, nè noi di scusarci: perocchè le cose sarebbero tranquille, e non avrebbero bisogno d'alcuna querimonia. Anzi i governatori della fedeltà de' popoli, e i popoli della modestia de' governatori si loderebbero, e i vicini non si potrebbero d'alcuna cosa dolere. Ma ora, come pare conveniente, nascono di molte ragioni querele: perocchè i governatori accusano la infedeltà de' popoli, e i popoli si dolgono che non sono stati trattati come fedeli, ma come servi e barbari, e dicono per la superbia e avarizia e incontinenza loro essere stati costretti a levarsi il giogo di tanta misera servitù. E noi ab antico devotissimi figliuoli della chiesa, i quali costoro al presente come fautori e operatori della rebellione ci accusano, possiamo evidentemente dimostrare, come questi governatori quel medesimo giogo di servitù, col quale hanno miserabilmente i popoli oppressati, si sono ingegnati di stendere ancora sopra di noi.