Noi abbiamo la città popolosissima, che ha bisogno di fornirsi di frumento di fuori. Essendo il popolo nostro in gran carestia, e l'anno dinanzi stata la fame, e da altra parte trovandosi a Bologna e nelle altre terre della chiesa grande copia di frumenti, nè con prieghi, nè con lagrime della moltitudine, potemmo mai impetrare da' governatori, che almanco del soprabbondante volessero in qualche parte sovvenire al popolo nostro. E pure eravamo vicini, e pubblicamente in lega, e privatamente in amicizia congiunti! Ma benchè queste cose sieno dure e inumane e aliene dalla carità, nientedimeno elle non sono grandi a comparazione di quelle che seguiranno. Perocchè non furono contenti di non sovvenire alle domande de' bisognosi, ma ancora questi tuoi governatori cercarono colla loro malignità tôrci i nostri sussidj per lo avvenire. E essendo in sulla state e ogni speranza posta nelle nuove biade, che già cominciavano a imbiancare, sapendo l'estreme difficoltà del popolo nostro, che non aveva altro refugio che la nuova ricolta, questi egregj governatori mandarono tutta la loro gente d'arme con incredibile moltitudine contro alla nostra città, sotto colore d'averli cassi, acciocchè, guastato il paese e tolta la speranza del frumento, costretti dalla fame, fussimo necessitati rifuggire a quel rimedio che ci restava, cioè allo arbitrio loro, che era una servitù e una tirannia. E se non fusse prima la divina clemenza che ci salvò, appresso la gran somma del danajo (chè demmo a quella gente d'arme centotrenta migliaja di Fiorini), sottomessi per fraude e per inganni, venivamo miserabilmente nella loro podestà. Perocchè a tante forze e a tanta gente sì repentinamente e d'improvviso sopravenute, non si poteva resistere colle armi; e non giovava mantenere le mura, mancando dentro il vitto necessario.