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      Circa questo tempo per pubblica autorità furono raffermi per sei mesi gli otto della guerra: e perchè questo s'era fatto più volte dal principio insino a quel tempo che era continuato quello officio, aveva loro generato grande invidia presso a molti. E già si riprendevano i loro governi, e dalle sètte de' cittadini erano attraversati. Le quali cose avendo udite il sommo pontefice, dicono che per accrescere la invidia, mandò suoi oratori a Firenze. E le sue lettere non si addirizzavano al supremo magistrato, come era di consuetudine, ma al popolo: e essi oratori affermavano non volere altrove che alla presenza del popolo esporre la loro commissione. Fu loro in questa parte satisfatto: e benchè e' si dicesse, che la venuta loro fosse più tosto a sedizione e discordia che pace de' cittadini, nientedimeno negare in una città popolare la udienza del popolo a chi la domandava, non pareva tollerabile. Furono adunque recitate le lettere al popolo, e di poi uditi gli ambasciadori. La sostanza del parlare loro e delle lettere era levare la colpa del popolo e trasferirla ne' governatori della repubblica: e pertanto volevano inferire, che fossero corretti e gastigati. Molti udirono queste cose volentieri per la malivolenza che avevano agli otto della guerra. La moltitudine del popolo, la quale non portava invidia all'onore loro, ma più tosto magnificava i loro fatti e le loro industrie, non udì molto gratamente il parlare di quegli oratori. E pertanto vana fu l'opera loro, e più tosto perderono, che eglino acquistassero appresso al popolo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Firenze