E pertanto, essendo venuto alla terra il nuovo governatore, e volendo alcuni fare ingiuria al vecchio in sulla partita, gli avversarj prestamente si messero in arme, e corsero alle case di quegli che erano tornati, e benchè egregiamente facessero resistenza, nientedimeno, perchè avevano grande numero di gente già molto innanzi ragunata, in ultimo ottennero la punta, e gli avversarj vinti rifuggirono alla cittadella, dove era il nuovo governatore: e trovandosi lui e insieme quei cittadini assediati, pensavano a' rimedj. Erano in quel tempo il conte Alberigo e altri Italiani in sua compagnia raunati in su' confini di Perugia e di Cortona. Parve loro di chiamare questa gente, e promettere di dare loro in preda le sostanze de' loro avversarj. Mandato adunque a fare tal richiesta e offerta, il conte Alberigo si mosse con tutte le genti, e entrò per la fortezza e scese nella terra insieme con cittadini amici che gli davano ajuto. I figliuoli di Saccone e' loro consorti e gli Ubertini e tutte le loro genti furono cacciati della città. Il conte Alberigo e gl'Italiani che erano a' soldi sua, non solamente le case degli avversarj ma tutta la terra misero in preda, riguardando le persone de' cittadini, ma le sostanze sanza alcuna differenza predando e saccheggiando. E non molto di poi sopravennero altre genti non minore numero che quelle di prima, delle quali era capitano Villanuccio. Queste ancora ricevute nella città, messero in preda il resto che era avanzato al primo saccomanno. E circa di sei mesi questi due eserciti stettero in Arezzo, e arricchirono d'una incredibile preda.
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