I cittadini poveri e miserabili s'andarono spargendo per le castella.
Essendo queste genti alle stanze nella città d'Arezzo, nacquero certe contese fra loro e quegli cittadini che tenevano la fortezza: perocchè i cittadini che erano nella rôcca domandavano, che il conte Alberigo traessi le genti della terra, dicendo che l'avevano chiamato, perchè racquistassi quella città e non perchè la togliessi loro. Da altra parte lui diceva che era parato andarsene; ma le genti che si vedevano star bene, diliberavano vernare in quella terra e non lo volevano seguire. Di qui cominciarono a nascere sdegni, e alle volte fecero zuffe fra loro, come se fussino inimici.
In questi tempi a Firenze erano ogni dì abominati cittadini, e scoprivansi varj trattati contra la repubblica, o veri o finti che fussino: e se v'era rimasto alcuni buoni, spauriti s'andavano nascondendo, che a fatica volevano esser veduti, perocchè non era alcuno, che fra tanta baldanza de' principali e persecuzioni fatte da' loro seguaci, potessi sperare alcuna stabilità o fidarsi di sè medesimo. Pertanto, la città mesta e afflitta si trovava in grande tribulazione dentro e di fuori: la quale non potendo sopportare, in fine se la levò da dosso. Due cittadini massimamente fra gli altri governavano in questo tempo la repubblica: messer Tommaso Strozzi e messer Giorgio Scali. Costoro, benchè fussino cavalieri di buone e riputate famiglie, nientedimeno le ingiurie ricevute gli avevano tirati alla via della infima moltitudine. Perocchè messer Giorgio Scali era stato ammonito, e per quella ingiuria avea preso tanto sdegno, che non si poteva in alcun modo quietare.
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