Il perchè questi oratori, volendosi trasferire con celerità ad altri luoghi, pregarono che per lettera o imbasciata pigliassero cura di rispondere. Finalmente con parole oneste, di consentimento de' collegati, furono loro negati gli ajuti e favori. E non molto di poi, venne novelle, come il duca d'Angiò aveva coll'esercito passato l'Alpi, e era venuto a Turino con più di trentamila cavalli, e sperava a quelle genti aggiugnere dell'altre in Italia. Per questo sì grande apparato le menti degli uomini spaurite temevano la riuscita e fine d'una tanta cosa.
E non molto di poi furono a Firenze gli oratori del re Carlo, i quali domandavano di fare lega a difensione degli Stati. E nel medesimo tempo vennero altri ambasciadori dal duca d'Angiò con grande dimostrazione di benivolenza, dicendo, che lui non era venuto per nuocere a' Fiorentini nè all'altre città, ma per ajutarle e favorirle, e che non aveva animo di toccare il contado di Firenze colle sue genti, ma che se n'andrebbe per altro cammino; e che pregava la città o veramente gli dessi ajuto, o ella si stessi di mezzo a vedere la loro contesa, sanza dare molestia o favore ad alcuna delle parti.
Circa questo tempo, vennono oratori dal re d'Ungheria in favore del re Carlo, i quali confortavano il popolo fiorentino, che unissero le loro forze con Carlo e con papa Urbano, perchè i Francesi venivano in Italia non meno per la sovversione della chiesa che pel conquisto del regno. La città sanza dubbio era più inclinata al favore del re Carlo e del sommo pontefice: ma temeva la grandezza e la potenza, la quale non la fama nè il timore, ma in fatto presenzialmente recava seco il duca d'Angiò. E pertanto, pigliando la via di mezzo, onorava grandemente gli oratori dell'una parte e dell'altra.
| |
Angiò Alpi Turino Italia Firenze Carlo Stati Angiò Fiorentini Firenze Ungheria Carlo Carlo Urbano Francesi Italia Carlo Angiò
|