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      In questa forma la guerra, benchè ancora non fussi mossa, nientedimeno apertamente si dimostrava.
     
      In questo mezzo, il re di Francia significò per suoi ambasciadori voler pigliare la difesa de' Fiorentini. Ma per questo domandava due cose: l'una, che la città approvassi nello spirituale Clemente come vero pontefice romano; l'altra, che gli dessi ogni anno qualche dono in segno di censo, acciocchè s'intendessi la protezione della repubblica fiorentina ragionevolmente appartenersi a lui. Queste domande furono con grande animo negate al re, perchè l'una recava carico e incostanza di fede, l'altra diminuzione di libertà. E volle piuttosto il popolo fiorentino colle proprie forze sostenere una guerra pericolosa e grande, che concedere al re quelle cose le quali erano contra la degnità della sua repubblica: e agli oratori regali non vollero consentire, per quel medesimo sospetto, di rimettere la pace nell'arbitrio suo. Finalmente, essendo da ogni parte accesi gli animi, Giovan Galeazzo protestò la guerra alla città per sue lettere, la copia delle quali è questa: "Giovan Galeazzo a' Fiorentini. La pace d'Italia insino a ora con ogni studio e ferma intenzione abbiam cerca, e non abbiamo nè a fatiche nè a spese perdonato, perchè il nostro desiderio era che Italia, affaticata per lunghe guerre, una volta a' nostri tempi si posassi in pace: e questo abbiamo con tanto fervore d'animo desiderato, che alle volte quello che con umanità e carità ci siamo ingegnati fare, ci è stato da mali interpreti imputato a mancamento.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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