I nostri commissarj ricordavano queste cose: ma i Francesi, feroci di loro natura, erano prontissimi a mettersi a ogni pericolo. E pertanto avevano preso il Castellaccio, luogo vicino ad Alessandria a sei miglia e fermato il campo in quello luogo: finalmente si condussono ad Alessandria con animo di combattere, dove avevano sentito d'essere le genti de' nimici. Erano allora caldi grandissimi, che fu a' dì 25 di luglio. Le genti d'arme de' nimici si trovavano drento le mura freschi d'uomini e di cavalli, e aspettavano la venuta de' Francesi. Loro da altra parte lassi e affaticati pel caldo, giunsono a mezzodì. E oltre a questo feciono un grande errore: perocchè, appressandosi alla terra, scesono da cavallo, e ordinarono le genti da piè strette in forma, che certamente se colle forze s'avessi avuto a combattere, sarebbono suti superiori. Così ordinati in battaglia, andarono a trovare i nimici, lasciatesi indrieto per alquanto spazio i loro cavalli. Ma i nimici, notate queste cose, mandarono per altre parti e per altri cammini le genti d'arme ad assaltare i loro cavalli, e messi in fuga quelli che erano alla guardia, in gran parte li presono, e quegli che scamparono se ne fuggirono in varj luoghi e per la campagna. Di qui cominciò a essere in mal luogo la condizione de' Francesi: i quali, mancando loro i cavalli, non avevano attitudine di partirsi, e dalla parte dinanzi non usciva persona loro incontro: perocchè gl'Italiani usati di combattere a cavallo offendevano i Francesi a piè dall'uno lato e dall'altro, e alle volte facevano grande impeto sopra loro: e se pure i Francesi confortando l'uno l'altro si facevano loro incontro, gli altri si ritraevano indietro facilmente, e di poi ritornavano in squadra, e cogli ordini loro assalivano i Francesi: i quali essendo in questo modo alquanto affaticati, ultimamente lassi e condotti in termine che
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