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      Per questa cagione gli ajuti de' collegati furono prestamente rivocati, che per la partita de' nimici avevano avuta licenza. E nientedimeno non si fece alcuna zuffa, ma fu mandato la cosa per la lunga, perocchè i nimici andarono più volte per quello di Pisa e di Lucca mutando il campo; i nostri da altra parte opposti al campo loro gli tenevano che non entrassino in su' nostri confini.
     
      In questo tempo i Fiorentini assaltarono il castello di Ranco in quello d'Arezzo, il quale tenevano i figliuoli di Saccone, e facevano guerra ad Arezzo. Deliberossi adunque d'assediarlo; e perchè pareva inespugnabile, tentarono di fare cave: ma in fine si vide che ogni fatica era vana.
     
      Trovandosi adunque lo esercito de' nimici ne' confini di Lucca e di Pisa e il nostro loro a petto, e da altra parte in quello d'Arezzo nella ossidione di Ranco, si cominciò a tenere pratica di pace. Era già la fine dell'autunno, e le piove e il freddo induceva ognuno a andare alle stanze: e a questo s'aggiugneva, che da ogni parte s'erano delle rotte e de'danni parimente ricevuti. Era stata già molto innanzi introdotta la pratica della pace: prima per messer Piero Gambacorti da Pisa, insino quando il duca di Baviera si diceva che veniva in Italia; di poi pel doge di Genova, quando s'intese l'esercito de' Francesi passare in Lombardia. L'uno tempo e l'altro i Fiorentini avevano stimato essere alieno dalla pace: e nientedimeno non l'avevano ricusata, ma prolungando e allegando i collegati, l'avevano mandata per lunghezza.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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