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      Innanzi alla sentenza, parlandosi dell'osservanza della futura pace, e dicendo quegli che la trattavano doversi dare idonei mallevadori dalle parti, rispose Guido di messer Tommaso, uno degli ambasciadori fiorentini: "La spada sia quella che la sodi: perocchè Giovan Galeazzo ha fatta esperienza delle nostre forze, e noi delle sue." Questa generosa risposta fu approvata ancora dagli avversarj, stimando esser cosa vile dimostrare avere paura, quando gli altri non temevano. Gli arbitri adunque, avendo fatta matura e diligente discussione delle cose, per vigore del compromesso lodarono la pace.
     
      Per quella pace la città di Padova fu aggiudicata al signor Francesco da Carrara con tutte le castella che egli aveva nelle mani, con questa aggiunta, che dessi ogni anno al signore di Milano diecimila fiorini insino in cinquanta anni. Di liberare il padre non si fece espressa menzione: se non che fu data speranza, che Giovan Galeazzo di sua liberalità lo lascerebbe. Appresso, fu lodato che le castella tolte da ogni parte si restituissono, eccetto che Lucignano che rimase in pendente; e che gli usciti di Siena godessino i frutti de' loro beni; e questo medesimo s'intendessi degli usciti di Padova. Fu ancora aggiunto alle predette cose, che non fussi lecito a Giovan Galeazzo signore di Milano mandare l'esercito o sua genti di qua dal Frigido verso Toscana, se non quando i Sanesi o Perugini fussino offesi da' Fiorentini o loro collegati: allora gli fussi permesso mandare ajuto.
     
      In questo lodo fu grave la pensione del danajo posta al signore di Padova.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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