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      Mandò ancora il duca Giovan Galeazzo suoi oratori a questo medesimo effetto, perchè l'una parte e l'altra metteva ogni cura e diligenza di tirare a sè il nuovo signore di quella città, riputando essere posto nella amicizia sua un grande momento delle cose che s'avevano a fare, per rispetto della sua potenza e della opportunità del sito: le quali cose ognuna delle parti s'ingegnava con ogni studio acquistare.
     
      Essendo le cose in questi termini, nuove speranze e nuove pratiche sopravennono. Carlo imperadore, della passata del quale in Italia facemmo di sopra menzione, lasciò due figliuoli: Vincilao e Sigismondo. Vincilao, perchè era maggiore di tempo, innanzi alla sua morte fu da lui appellato Cesare e eletto suo successore nello imperio: ancora gli concedette il regno di Boemia. Morto adunque lo 'mperadore Carlo, e Vincilao avendo retto molti anni, e non si vedendo di lui opera alcuna degna di governo, nè passando in Italia, nè cercando di fare gli altri ufficj appartenenti allo imperio; e solamente due esercizj fussino quegli a che si diceva lui essere dato, cioè alle delizie e al cumulare danari, e l'altre cose negligentemente amministrate; e facendo più tempo a questo modo, il nome l'autorità dello imperio romano veniva a perire nelle sue mani. Il perchè gli elettori dello imperio, mossi da queste cose, di consiglio e consentimento degli altri baroni, rimossono lui e elessono imperadore il duca Roberto di Baviera, uomo di grande speranza e autorità. Roberto adunque, così eletto alla degnità dello imperio, mandò suoi oratori in Italia a cercare il favore e la grazia della sedia apostolica: perocchè aveva delle contradizioni, e Vincilao non era stato interamente abbandonato da tutti i baroni e popoli della Magna, ma ancora v'era di quegli che l'appellavano imperadore.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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