A costui adunque nuovamente eletto, perchè era di grande fama e espettazione, i Fiorentini avevano addirizzato l'animo, perocchè trovandosi circondati da ogni lato dalle città e castella che erano nella potestà e arbitrio del duca di Milano, spaventati ancora dalla grandezza della sua potenza e dalla moltitudine delle genti d'arme, erano costretti volgersi alle forze di fuori. E pertanto, andando gli oratori di questo principe a Roma, feciono loro grandissimo onore: e di poi mandarono a lui imbasciadori nella Magna che lo confortassino a passare in Italia e offerissino le forze e favori del popolo fiorentino. Lui udì volentieri gl'imbasciadori fiorentini, avendo rispetto alla sovvenzione del danajo e sperando per quel mezzo potere fare molte cose.
Il seguente anno, in sulla primavera sopravennono in Bolognese maggiori turbazioni che prima: perocchè Giovanni Bentivogli continuava la guerra contro al signore da Faenza già molto innanzi cominciata da' Bolognesi. E a questo proposito aveva ragunato gli ajuti de' Fiorentini e del duca di Milano: e appresso s'aggiugneva ancora a questa impresa il conte Alberigo, il quale teneva grande inimicizia col signore da Faenza. Da altra parte il signore Astorre aveva i suoi fautori e innanzi a ogni altri il signore Carlo Malatesta, uomo potente e singolare nell'arme: ma in ultimo si fece la pace fra lui e i Bolognesi. Questa pace fu molestissima al conte Alberigo, perchè era confederato co' Bolognesi: e contra la sua volontà si conchiuse l'accordo col nimico commune.
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