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      Gl'imbasciadori fiorentini udito il discorso del loro dire conferirono alquanto insieme, e rimasero d'accordo quello fussi da rispondere a ogni parte: e finalmente per lo onore della città parlarono in questo modo: "E' ci debbe parere, o Veneziani, grande guadagno, che i nostri avversarj abbiano introdotto il parlare che hanno fatto: perocchè, se avessino taciuto, forsechè la verità sarebbe rimasa occulta, la quale al presente eccitata da loro verrà a luce. Noi, mediante l'opera e mezzanità vostra, facemmo col duca Giovan Galeazzo la triegua e la pace, stimando che non avessi animo di farci inganni o nocimento alcuno: e essendo in questa credenza, ponemmo giù non solamente l'arme delle mani, ma ancora delle menti ogni cura della guerra. Lui, come quello che non pensò mai se non guerra e turbazioni, ancora dopo la pace, si portò nelle cose che ebbe a fare come inimico. Noi lasciamo andare i condottieri delle sue genti d'arme, poco dopo la pace fatta, avere ostilmente cavalcato il paese de' Lucchesi nostri collegati, messo a sacco i Volterrani, predato i Sangimignanesi e' Collegiani, e menatene i prigioni e la preda in quello di Siena, sua giurisdizione; le quali cose tutte contro al giuramento e la integrità della fede e delle promesse sono state fatte da lui. Lasciamo andare queste cose, come abbiamo detto, e passiamle con silenzio: ma considerate di che importanza è quello, che dopo la pace, mandato in Toscana maggiore numero di gente d'arme che prima, occupò Pisa a noi vicina, e tutte le castella e terre che teneva quella città, sottomise alla sua giurisdizione.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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