Argomento del quinto dialogo.
Nel quinto dialogo, trattandosi specialmente de l’uno, viene compito il fondamento de l’edificio di tutta la cognizion naturale e divina. Ivi prima s’apporta proposito della coincidenza della materia e forma, della potenza e atto: di sorte che lo ente, logicamente diviso in quel che è e può essere, fisicamente è indiviso, indistinto ed uno; e questo insieme insieme infinito, immobile, impartibile, senza differenza di tutto e parte, principio e principiato. Secondo, che in quello non è differente il secolo da l’anno, l’anno dal momento, il palmo dal stadio, il stadio da la parasanga, e nella sua essenza questo e quell’altro essere specifico non è altro ed altro; e però nell’universo non è numero, e però l’universo è uno. Terzo, che ne l’infinito non è differente il punto dal corpo, perché non è altro la potenza e altro l’atto; e ivi, se il punto può scorrere in lungo, la linea in largo, la superficie in profondo, l’uno è lungo, l’altra è larga, l’altra è profonda; e ogni cosa è lunga, larga e profonda; e per consequenza, medesimo e uno; e l’universo è tutto centro e tutto circonferenza. Quarto, qualmente da quel, ché Giove (come lo nominano) piú intimamente è nel tutto che possa imaginarsi esservi la forma del tutto (perché lui è la essenzia, per cui tutto quel ch’è ha l’essere; ed essendo lui in tutto, ogni cosa piú intimamente che la propria forma ha il tutto), s’inferisce che tutte le cose sono in ciascuna cosa, e per consequenza tutto è uno. Quinto, se risponde al dubio che dimanda, perché tutte le cose particolari si cangiano, e le materie particolari, per ricevere altro e altro essere, si forzano ad altre e altre forme; e si mostra come nella moltitudine è l’unità, e ne l’unità è la moltitudine; e come l’ente è un moltimodo e moltiunico, e in fine uno in sustanza e verità. Sesto, se inferisce onde proceda quella differenza e quel numero, e che questi non sono ente, ma di ente e circa lo ente.
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Giove
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