Dicono di voi, Teofilo, che in quella vostra Cena tassate e ingiuriate tutta una città, tutta una provinzia, tutto un regno.
Filoteo. Questo mai pensai, mai intesi, mai feci; e se l’avesse pensato, inteso o fatto, io mi condannerei pessimo, e sarei apparecchiato a mille retrattazioni, a mille revocazioni, a mille palinodie; non solamente s’io avesse ingiuriato un nobile e antico regno, come è questo, ma qualsivoglia altro, quantunque stimato barbaro: non solamente dico qualsivoglia città, quantunque diffamata incivile, ma e qualsivoglia lignaggio, quantunque divolgato salvaggio, ma e qualsivoglia fameglia, quantunque nominata inospitale: perché non può essere regno, città, prole o casa intiera, la quale possa o si deve presupponere d’un medesimo umore, e dove non possano essere oppositi o contrarii costumi; di sorte che quel che piace a l’uno, non possa dispiacere all’altro.
Armesso. Certo, quanto a me, che ho letto e riletto e ben considerato il tutto, benché circa particolari non so perché vi trovo alquanto troppo effuso, circa il generale vi veggo castigata ragionevole e discretamente procedere: ma il rumore è sparso nel modo ch’io vi dico.
Elitropio. Il rumore di questo e altro è stato sparso dalla viltà di alcuni di quei che si senton ritoccati; li quali, desiderosi di vendetta, veggendosi insufficienti con propria raggione, dottrina, ingegno e forza, oltre che fingono quante altre possono falsitadi, alle quali altri che simili a loro non possono porger fede, cercano compagnia con fare ch’il castigo particolare sia stimato ingiuria commune.
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Teofilo Cena
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