Filoteo. Dite il vero.
Armesso. Con tutto ciò io, come molti altri meco, mi dolgo, Teofilo, che voi nella nostra amorevol patria siate incorsi a tali suppositi, che vi hanno porgiuta occasione di lamentarvi con una cinericia cena, che ad altri ed altri molti che vi avesser fatto manifesto, quanto questo nostro paese, quantunque sia detto da’ vostri penitus toto divisus ab orbe, sia prono a tutti gli studi de buone lettere, armi, cavalleria, umanitadi e cortesie; nelle quali, per quanto comporta delle nostre forze il nerbo, ne forziamo di non essere inferiori a’ nostri maggiori e vinti da le altre generazioni; massime da quelle che si stimano aver le nobilitadi, le scienze, le armi, e civilitadi come da natura.
Filoteo. Per mia fede, Armesso, che in quanto riferisci io non debbo né saprei con le paroli, né con le raggioni, né con la conscienza contradirvi, perché con ogni desterità di modestia e di argomenti fate la vostra causa. Però io per voi, come per quello che non vi siete avicinato con un barbaro orgoglio, comincio a pentirmi, e prendere a dispiacere di aver ricevuta materia da que’ prefati, di contristar voi e altri d’onestissima e umana complessione: però bramarei che que’ dialogi non fussero prodotti, e se a voi piace, mi forzarò che oltre non vengan in luce.
Armesso. La mia contristazione, con quella d’altri nobilissimi, tanto manca che proceda dalla divolgazione de quei dialogi, che facilmente procurarei che fussero tradotti in nostro idioma, a fin che servissero per una lezione a quei poco e male accostumati, che son tra noi; che forse, quando vedessero con qual stomaco son presi e con quai delineamenti son descritti gli suoi discortesi rancontri e quanto quelli sono mal significativi, potrebbe essere che, se, per buona disciplina e buono essempio che veggano negli megliori e maggiori, non si vogliono ritrar da quel camino, almeno vegnano a cangiarsi e conformarsi a quelli, per vergogna di esserno connumerati tra tali e quali; imparando che l’onor de le persone e la bravura non consiste in posser e saper con que’ modi esser molesto, ma nel contrario a fatto.
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Teofilo Armesso
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