Dicsono Arelio. Cossí è, e cossí la intendo.
Teofilo. Sarà dunque bene d’astenerci da parlar di sí alta materia.
Dicsono Arelio. Io lo consento, perché basta moralmente e teologalmente conoscere il primo principio in quanto che i superni numi hanno revelato e gli uomini divini dechiarato. Oltre che, non solo qualsivoglia legge e teologia, ma ancora tutte riformate filosofie conchiudeno esser cosa da profano e turbulento spirto il voler precipitarsi a dimandar raggione e voler definire circa quelle cose che son sopra la sfera della nostra intelligenza.
Teofilo. Bene. Ma non tanto son degni di riprensione costoro, quanto son degnissimi di lode quelli che si forzano alla cognizione di questo principio e causa, per apprendere la sua grandezza quanto fia possibile discorrendo con gli occhi di regolati sentimenti circa questi magnifici astri e lampeggianti corpi, che son tanti abitati mondi e grandi animali ed eccellentissimi numi, che sembrano e sono innumerabili mondi non molto dissimili a questo che ne contiene; i quali, essendo impossibile ch’abbiano l’essere da per sé, atteso che sono composti e dissolubili (benché non per questo siano degni d’esserno disciolti, come è stato ben detto nel Timeo, è necessario che conoscano principio e causa, e consequentemente con la grandezza del suo essere, vivere ed oprare: monstrano e predicano in uno spacio infinito, con voci innumerabili, la infinita eccellenza e maestà del suo primo principio e causa. Lasciando dunque, come voi dite, quella considerazione per quanto è superiore ad ogni senso e intelletto, consideriamo del principio e causa per quanto, in vestigio, o è la natura istessa o pur riluce ne l’ambito e grembo di quella.
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