Onde non è maraviglia se fanno tanto e prendeno tanto spavento per la morte e dissoluzione, come quelli a’ quali è imminente la iattura de l’essere. Contra la qual pazzia crida ad alte voci la natura, assicurandoci che non gli corpi né l’anima deve temer la morte, perché tanto la materia quanto la forma sono principii constantissimi:
O genus attonitum gelidae formidine mortis,
Quid styga[,] quid tenebras et nomina vana timetis[,]Materiam vatum falsique pericula mundi?
Corpora sive rogus flamma seu tabe vetustasAbstulerit, mala posse pati non ulla putetis:
Morte carent animae domibus habitantque receptae[.]Omnia mutantur[, ]nihil interit.
Dicsono Arelio. Conforme a questo mi par che dica il sapientissimo.stimato tra gli Ebrei Salomone: Quid est quod est? Ipsum quod fuit. Quid est quod fuit? Ipsum quod est. Nihil sub sole novum. - Sí che questa forma, che voi ponete, non è inesistente e aderente a la materia secondo l’essere, non depende dal corpo e da la materia a fine che subsista?
Teofilo. Cossí è. E oltre ancora non determino se tutta la forma è accompagnata da la materia, cossí come già sicuramente dico de la materia non esser parte che a fatto sia destituita da quella, eccetto compresa logicamente, come da Aristotele, il quale mai si stanca di dividere con la raggione quello che è indiviso secondo la natura e verità.
Dicsono Arelio. Non volete che sia altra forma che questa eterna compagna de la materia?
Teofilo. E piú naturale ancora, che è la forma materiale, della quale raggionaremo appresso.
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