Teofilo. Voi dite bene.
Gervasio. Or che farò quando mi avverrà di conferir questo pensiero con qualche pertinace, il quale non voglia credere che sia cossí una sola materia sotto tutte le formazioni della natura, come è una sotto tutte le formazioni di ciascuna arte? Perché questa che si vede con gli occhi, non si può negare; quella che si vede con la raggione sola, si può negare.
Teofilo. Mandatelo via, o non gli rispondete.
Gervasio. Ma se lui sarà importuno in dimandarne evidenza, e sarà qualche persona di rispetto, il quale non si possa piú tosto mandar via che mandarmi via, e che abbia per ingiuria ch’io non li risponda?
Teofilo. Che farai, se un cieco semideo, degno di qualsivoglia onor e rispetto, sarà protervo, importuno e pertinace a voler aver cognizione e dimandar evidenza di colori, di’ pure, de le figure esteriori di cose naturali, come è dire: quale è la forma de l’arbore? quale è la forma de monti? di stella? oltre, quale è la forma de la statua, de la veste? e cossí di altre cose arteficiali, le quali a quei che vedeno son tanto manifeste?
Gervasio. Io li risponderei che, se lui avesse occhi, non ne dimandarebe evidenza, ma le potrebe veder da per lui; ma, essendo cieco, è anco impossibile che altri gli le dimostri.
Teofilo. Similmente potrai dire a costoro, che, se avessero intelletto, non ne dimanderebono altra evidenza; ma la potrebono veder da per essi.
Gervasio. Di questa risposta quelli si vergognarebono, e altri la stimarebono troppa cinica.
Teofilo. Dunque, li direte piú copertamente cossí: -Illustrissimo signor mio; - o: - Sacrata Maestà, come alcune cose non possono essere evidenti se non con le mani e il toccare, altre se non con l’udito, altre non, eccetto che con il gusto; altre non, eccetto che con gli occhi: cossí questa materia di cose naturali non può essere evidente se non con l’intelletto.
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Maestà
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