Dicsono Arelio. Molto mi piacete, e molto vi lodo; che, sí come non sète cossí plebeio come Aristotele, non sète anco cossí ingiurioso e ambizioso come lui; il quale l’opinioni di tutti altri filosofi con gli lor modi di filosofare volse che fussero a fatto dispreggiate.
Teofilo. Benché, de quanti filosofi sono, io non conosca piú fondato su l’imaginazioni e rimosso dalla natura che lui; e se pur qualche volta dice cose eccellenti, son conosciute che non dependeno da principii suoi, e però sempre son proposizioni tolte da altri filosofi; come ne veggiamo molte divine nel libro Della generazione, Meteora, De animali e Piante.
Dicsono Arelio. Tornando dunque al nostro proposito: volete che della materia, senza errore e incorrere contradizione, se possa definire diversamente?
Teofilo. Vero, come del medesmo oggetto possono esser giodici diversi sensi, e la medesma cosa si può insinuar diversamente. Oltre che (come è stato toccato) la considerazione di una cosa si può prendere da diversi capi. Hanno dette molte cose buone gli epicurei, benché non s’inalzassero sopra la qualità materiale. Molte cose excellenti ha date a conoscere Eraclito, benché non salisse sopra l’anima. Non manca Anassagora di far profitto nella natura, perché non solamente entro a quella, ma fuori e sopra forse, conoscer voglia un intelletto, il quale medesmo da Socrate, Platone, Trimegisto e nostri teologi è chiamato Dio. Cossí nientemanco bene può promovere a scuoprir gli arcani della natura uno che comincia dalla raggione esperimentale di semplici (chiamati da loro), che quelli che cominciano dalla teoria razionale.
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