Onde vorrei inferire che, - secondo tal proporzione quale è lecito dire, in questo simulacro di quell’atto e di quella potenza (per essere in atto specifico tutto quel tanto che è in specifica potenza, per tanto che l’universo, secondo tal modo, è tutto quel che può essere), sie che si voglia quanto all’atto e potenza numerale, - viene ad aver una potenza la quale non è absoluta dall’atto, una anima non absoluta da l’animato, non dico il composto, ma il semplice: onde cossí de l’universo sia un primo principio che medesmo se intenda, non piú distintamente materiale e formale, che possa inferirse dalla similitudine del predetto, potenza absoluta e atto. Onde non fia difficile o grave di accettar al fine che il tutto, secondo la sustanza, è uno, come forse intese Parmenide, ignobilmente trattato da Aristotele.
Dicsono Arelio. Volete dunque che, benché descendendo per questa scala di natura, sia doppia sustanza, altra spirituale, altra corporale, che in somma l’una e l’altra se riduca ad uno essere e una radice.
Teofilo. Se vi par che si possa comportar da quei che non penetrano piú che tanto.
Dicsono Arelio. Facilissimamente, purché non t’inalzi sopra i termini della natura.
Teofilo. Questo è già fatto. Se non avendo quel medesimo senso e modo di diffinire della divinità, il qual è comune, avemo un particolare, non però contrario né alieno da quello, ma piú chiaro forse e piú esplicato, secondo la raggione che non è sopra il nostro discorso, da la quale non vi promesi di astenermi.
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