Gervasio. Vedo bene che, per aver voi un cervello peripatetico, apprendeste poco o nulla di quel che ieri disse il Teofilo circa l’essenza e potenza della materia.
Polihimnio. De l’altro sia che si vuole; io sto sul punto del biasimar l’appetito de l’una e de l’altra, il quale č caggion d’ogni male, passione, difetto, ruina, corrozione. Non credete che, se la materia si contentasse de la forma presente, nulla alterazione o passione arrebe domíno sopra di noi, non moriremmo, sarrebom incorrottibili ed eterni?
Gervasio. E se la si fosse contentata di quella forma, che avea cinquanta anni addietro, che direste? sareste tu, Polihimnio? Se si fusse fermata sotto quella di quaranta anni passati, sareste sí adultero..., dico, sí adulto, sí.perfetto, sí dotto? Come dunque ti piace, che le altre forme abbiano ceduto a questa, cossí č in volontŕ de la natura, che ordina l’universo, che tutte le forme cedano a tutte. Lascio che č maggior dignitŕ di questa nostra sustanza di farsi ogni cosa, ricevendo tutte le forme, che, ritenendone una sola, essere parziale. Cossí, al suo possibile, ha la similitudine di chi č tutto in tutto.
Polihimnio. Mi cominci a riuscir dotto, uscendo fuor del tuo ordinario naturale. Applica ora, se puoi, a simili, apportando la dignitŕ che si ritrova ne la femina.
Gervasio. Farollo facilissimamente. Oh, ecco il Teofilo.
Polihimnio. E il Dicsone. Un’altra volta dunque. De iis hactenus.
Teofilo. Non vedemo, che de’ peripatetici, come di platonici anco, divideno la sustanza per la differenza di corporale e incorporale?
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Teofilo Polihimnio Teofilo Dicsone
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