È dunque necessario che de tutte cose che sono sussistenti, sia uno principio di subsistenza. Giongi a questo, che la raggione medesima non può fare che, avanti qualsivoglia cosa distinguibile, non presuppona una cosa indistinta (parlo di quelle cose, che sono, perché ente e non ente non intendo aver distinzione reale, ma vocale e nominale solamente). Questa cosa indistinta è una raggione comune, a cui si aggionge la differenza e forma distintiva. E certamente non si può negare che, sí come ogni sensibile presuppone il soggetto della sensibilità, cossí ogni intelligibile il soggetto della intelligibilità. Bisogna dunque che sia una cosa che risponde alla raggione comune de l’uno e l’altro soggetto; perché ogni essenzia necessariamente è fondata sopra qualche essere, eccetto che quella prima, che è il medesimo con il suo essere, perché la sua potenzia è il suo atto, perché è tutto quel che può essere, come fu detto ieri. Oltre, se la materia (secondo gli adversari medesimi) non è corpo e precede, secondo la sua natura, l’essere corporale, che dunque la può fare tanto aliena da le sustanze dette incorporee? E non mancano di peripatetici che dicono: sicome nelle corporee sustanze si trova un certo che di formale e divino, cossí nelle divine convien che sia un che di materiale, a fine che le cose inferiori s’accomodino alle superiori e l’ordine de l’une dipenda da l’ordine de l’altre. E li teologi, benché alcuni di quelli siano nodriti ne l’aristotelica dottrina, non mi denno però esser molesti in questo, se accettano esser piú debitori alla lor Scrittura che alla filosofia e natural raggione.
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Scrittura
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