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      Lascio che l’efficiente di queste cose, chiamato da te con un comun nome Natura, lo fai pur principio interno, e non esterno, come avviene ne le cose artificiali. Allora mi par che convegna dire che la non abbia in sé forma e atto alcuno, quando lo viene a ricevere di fuora; allora mi par che convegna dire che l’abbia tutte, quando si dice cacciarle tutte dal suo seno. Non sei tu quello che, se non costretto da la raggione, spinto però dalla consuetudine del dire, deffinendo la materia, la dici piú tosto esser "quella cosa di cui ogni specie naturale si produce", che abbi mai detto esser "quello, in cui le cose si fanno", come converrebbe dire quando li atti non uscissero da quella, e per conseguenza non le avesse?
      -Polihimnio. Certe consuevit dicere Aristoteles cum suis potius formas educi de potentia materiae quam in illam induci, emergere potius ex ipsa quam in ipsam ingeri: ma io direi, che ha piaciuto ad Aristotele chiamar atto piú tosto la esplicazione de la forma che la implicazione.
      Dicsono Arelio. E io dico che l’essere espresso, sensibile ed esplicato, non è principal raggione de l’attualità, ma è una cosa consequente ed effetto di quella; sí come il principal essere del legno e raggione di sua attualità non consiste ne l’essere letto, ma ne l’essere di tal sustanza e consistenza che può esser letto, scanno, trabe, idolo e ogni cosa di legno formata. Lascio che secondo piú alta raggione della materia naturale si fanno tutte cose naturali, che della artificiale le arteficiali, perché l’arte della materia suscita le forme o per suttrazione, come quando de la pietra fa la statua, o per apposizione, come quando, giongendo pietra a pietra e legno e terra, forma la casa; ma la natura de la sua materia fa tutto per modo di separazione, di parto, di efflussione, come intesero i pitagorici, compreso Anassagora e Democrito, confirmorno i sapienti di Babilonia.


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De la causa principio et uno
di Giordano Bruno
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