Alla proporzione, similitudine, unione e identità de l’infinito non piú ti accosti con essere uomo che formica, una stella che un uomo; perché a quello essere non piú ti avicini con esser sole, luna, che un uomo o una formica; e però nell’infinito queste cose sono indifferenti. E quello che dico di queste, intendo di tutte l’altre cose di sussistenza particulare.
Or, se tutte queste cose particulari ne l’infinito non sono altro e altro, non sono differenti, non sono specie, per necessaria consequenza non sono numero; dunque, l’universo è ancor uno immobile. Questo, perché comprende tutto, e non patisce altro e altro essere, e non comporta seco né in sé mutazione alcuna; per consequenza, è tutto quello che può essere; ed in lui (come dissi l’altro giorno) non è differente l’atto da la potenza. Se dalla potenza non è differente l’atto, è necessario che in quello il punto, la linea, la superficie e il corpo non differiscano: perché cossí quella linea è superficie, come la linea, movendosi, può essere superficie; cossí quella superficie è mossa ed è fatta corpo, come la superficie può moversi e, con il suo flusso, può farsi corpo. È necessario dunque che il punto ne l’infinito non differisca dal corpo, perché il punto, scorrendo da l’esser punto, si fa linea; scorrendo da l’esser linea, si fa superficie; scorrendo da l’esser superficie, si fa corpo; il punto, dunque, perché è in potenza ad esser corpo, non differisce da l’esser corpo dove la potenza e l’atto è una medesima cosa.
Dunque, l’individuo non è differente dal dividuo, il simplicissimo da l’infinito, il centro da la circonferenza.
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