Oltre, quello comprende tutto lo essere totalmente, perché estra e oltre lo infinito essere non è cosa che sia, non avendo estra né oltra; di queste poi ciascuna comprende tutto lo essere, ma non totalmente, perché oltre ciascuna sono infinite altre. Però intendete tutto essere in tutto, ma non totalmente e omnimodamente in ciascuno. Però intendete come ogni cosa è una, ma non unimodamente.
Però non falla chi dice uno essere lo ente, la sustanza e l’essenzia; il quale, come infinito e interminato, tanto secondo la sustanza quanto secondo la durazione quanto secondo la grandezza quanto secondo il vigore, non ha raggione di principio né di principiato; perché, concorrendo ogni cosa in unità e identità, dico medesimo essere, viene ad avere raggione absoluta e non respettiva. Ne l’uno infinito, inmobile, che è la sustanza, che è lo ente, se vi trova la moltitudine, il numero, che, per essere modo e moltiformità de lo ente, la quale viene a denominar cosa per cosa, non fa per questo che lo ente sia piú che uno, ma moltimodo e moltiforme e moltifigurato. Però, profondamente considerando con gli filosofi naturali, lasciando i logici ne le lor fantasie, troviamo che tutto lo che fa differenza e numero, è puro accidente, è pura figura, è pura complessione. Ogni produzione, di qualsivoglia sorte che la sia, è una alterazione, rimanendo la sustanza sempre medesima; perché non è che una, uno ente divino, immortale. Questo lo ha possuto intendere Pitagora, che non teme la morte, ma aspetta la mutazione.
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Pitagora
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