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      L’hanno possuto intendere tutti filosofi, chiamati volgarmente fisici, che niente dicono generarsi secondo sustanza né corrompersi, se non vogliamo nominar in questo modo la alterazione. Questo lo ha inteso Salomone, che dice "non essere cosa nova sotto il sole, ma quel che è fu già prima". Avete dunque come tutte le cose sono ne l’universo, e l’universo è in tutte le cose; noi in quello, quello in noi; e cossí tutto concorre in una perfetta unità. Ecco come non doviamo travagliarci il spirto, ecco come cosa non è, per cui sgomentarne doviamo. Perché questa unità è sola e stabile, e sempre rimane; questo uno è eterno; ogni volto, ogni faccia, ogni altra cosa è vanità, è come nulla, anzi è nulla tutto lo che è fuor di questo uno. Quelli filosofi hanno ritrovata la sua amica Sofia, li quali hanno ritrovata questa unità. Medesima cosa a fatto è la sofia, la verità, la unità. Hanno saputo tutti dire che vero, uno ed ente son la medesima cosa, ma non tutti hanno inteso: perché altri hanno seguitato il modo di parlare, ma non hanno compreso il modo d’intendere di veri sapienti. Aristotele, tra gli altri, che non ritrovò l’uno, non ritrovò lo ente, e non ritrovò il vero, perché non conobbe come uno lo ente; e benché fusse stato libero di prendere la significazione de lo ente comune alla sustanza e l’accidente, e oltre de distinguere le sue categorie secondo tanti geni e specie per tante differenze, non ha lasciato però di essere non meno poco aveduto nella verità per non profondare alla cognizione di questa unità e indifferenza de la costante natura ed essere; e, come sofista ben secco, con maligne esplicazioni e con leggiere persuasioni pervertere le sentenze degli antichi e opporsi a la verità, non tanto forse per imbecillità de intelletto, quanto per forza d’invidia e ambizione.


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De la causa principio et uno
di Giordano Bruno
pagine 135

   





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