Volete che per essere lo ente indivisibile e semplicissimo, perché è infinito e atto tutto in tutto e tutto in ogni parte (in modo che diciamo parte nello infinito, non parte dello infinito), non possiamo pensar in modo alcuno che la terra sia parte dello ente, il sole parte della sustanza, essendo quella impartibile; ma sí bene è lecito dire sustanza della parte o pur, meglio, sustanza nella parte; cossí, come non è lecito dire parte dell’anima esser nel braccio, parte dell’anima esser nel capo, ma sí bene l’anima nella parte che è il capo, la sustanza della parte o nella parte che è il braccio. Perché lo essere porzione, parte, membro, tutto, tanto quanto, maggiore minore, come questo come quello, di questo di quello, concordante, differente e di altre raggioni che non significano uno assoluto, e però non si possono riferire alla sustanza, a l’uno, a l’ente, ma per la sustanza, nell’uno e circa lo ente, come modi, raggioni e forme; cossí, come comunmente si dice circa una sustanza essere la quantità, la qualità, relazione, azione, passione e altri circostanti geni, talmente ne l’uno ente summo, nel quale è indifferente l’atto dalla potenza, il quale può essere tutto assolutamente ed è tutto quello che può essere, è complicatamente uno, inmenso, infinito, che comprende tutto lo essere ed è esplicatamente in questi corpi sensibili e in la distinta potenza e atto che veggiamo in essi. Però volete che quello che è generato e genera (o sia equivoco o univoco agente, come dicono quei che volgarmente filosofano) e quello di che si fa la generazione, sempre sono di medesima sustanza.
| |
|