Secondo, considerate che l’intelletto, volendo liberarse e disciorse dall’immaginazione alla quale è congionto, oltre che ricorre alle matematiche ed imaginabili figure, a fin che o per quelle o per la similitudine di quelle comprenda l’essere e la sustanza de le cose, viene ancora a riferire la moltitudine e diversità di specie a una e medesima radice. Come Pitagora che puose gli numeri principii specifici de le cose, intese fundamento e sustanza di tutti la unità; Platone ed altri, che puosero le specie consistenti nelle figure, di tutti il medesimo ceppo e radice intesero il punto come sustanza e geno universale. E forse le superficie e figure son quelle che al fine intese Platone per il suo Magno, e il punto e atomo è quello che intese per il suo Parvo, gemini principii specifici de le cose; i quali poi si riducono ad uno, come ogni dividuo a l’individuo. Que’ dunque che dicono, il principio sustanziale esser l’uno, vogliono che le sustanze son come i numeri; gli altri che intendeno il principio sustanziale come il punto, vogliono le sustanze de cose essere come figure; e tutti convegnono con ponere un principio individuo. Ma meglior e piú puro è il modo di Pitagora che quel di Platone, perché la unità è causa e raggione della individuità e puntalità, ed è un principio piú absoluto e accomodabile a l’universo ente.
Gervasio. Perché Platone, che venne appresso, non fece similmente né meglio che Pitagora?.
Teofilo. Perché volse piú tosto, dicendo peggio e con men comodo e appropriato modo, esser stimato maestro che, dicendo megliormente e meglio, farsi riputar discepolo.
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