Decimo nono, s'aggiunge a quel che è stato detto nel secondo. Ventesimo, si replica quello che è stato detto nel decimo.
Nella seconda parte di questo dialogo, quello ch'è dimostrato per la potenza passiva de l'universo, si mostra per l'attiva potenza de l'efficiente, con piú raggioni: de le quali la prima si toglie da quel, che la divina efficacia non deve essere ociosa; e tanto piú ponendo effetto extra la propria sustanza (se pur cosa gli può esser extra), e che non meno è ociosa ed invidiosa producendo effetto finito che producendo nulla. La seconda da la prattica, perché per il contrario si toglie la raggione della bontade e grandezza divina, e da questo non séguita inconveniente alcuno contra qualsivoglia legge e sustanza di teologia. La terza è conversiva con la duodecima de la prima parte; e si apporta la differenza tra il tutto infinito e totalmente infinito. La quarta, da che non meno per non volere che per non possere la omnipotenza vien biasimata d'aver fatto il mondo finito e di essere agente infinito circa suggetto finito. La quinta induce che, se non fa il mondo infinito, non lo può fare; e se non ha potenza di farlo infinito, non può aver vigore di conservarlo in infinito; e che, se lui secondo una raggione è finito, viene ad essere finito secondo tutte le raggioni, perché in lui ogni modo è cosa, e ogni cosa e modo è uno e medesimo con l'altra e l'altro. La sesta è conversiva de la decima de la prima parte. E s'apporta la causa per la quale gli teologi defendeno il contrario non senza espediente raggione, e de l'amicizia tra questi dotti e gli dotti filosofi.
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