Perché doviamo compatire a simili, e fuggir la lor disputazione, per ciò che con essi non vi è altro che da perdere.
Qua Albertino, nuovo interlocutore, apporta dodici argumenti, ne li quali consiste tutta la persuasione contraria alla pluralità e moltitudine di mondi. Il primo si prende da quel, che estra il mondo non s'intende loco né tempo né vacuo né corpo semplice, né composto. Il secondo, da l'unità del motore. Il terzo, da luoghi de corpi mobili. Il quarto, dalla distanza de gli orizonti dal mezzo. Il quinto, dalla contiguità de piú mondi orbiculari. Il sesto, da spacii triangulari che causano con il suo contatto. Il settimo, dall'infinito in atto, che non è, e da un determinato numero, che non è piú raggionevole che l'altro. Da la qual raggione noi possiamo non solo equalmente, ma e di gran vantaggio inferire, che per ciò il numero non deve essere determinato, ma infinito. L'ottavo, dalla determinazione di cose naturali e dalla potenza passiva de le cose, la quale alla divina efficacia ed attiva potenza non risponde. Ma qua è da considerare che è cosa inconvenientissima, che il primo ed altissimo sia simile ad uno ch'ha virtú di citarizare e, per difetto ci citara, non citareggia; e sia uno che può fare, ma non fa, perché quella cosa che può fare, non può esser fatta da lui. Il che pone una piú che aperta contradizione, la quale non può essere non conosciuta, eccetto che da quei che conoscono niente. Il nono dalla bontà civile che consiste nella conversazione. Il decimo, da quel, che per la contiguità d'un mondo con l'altro séguita, che il moto de l'uno impedisca il moto de l'altro.
| |
Albertino
|