Il gran Piton, e del suo sangue tinseL'acqui del mar, ha spinta mia Megera.
A te mi volgo e assorgo, alma mia voce:
Ti ringrazio, mio sol, mia diva luce;
Ti consacro il mio cor, eccelsa mano,
Che m'avocaste da quel graffio atroce,
Ch'a meglior stanze a me ti festi duce,
Ch'il cor attrito mi rendeste sano.
***
E chi mi impenna, e chi mi scalda il core?
Chi non mi fa temer fortuna o morte?
Chi le catene ruppe e quelle porte,
Onde rari son sciolti ed escon fore?
L'etadi, gli anni, i mesi, i giorni e l'oreFiglie ed armi del tempo, e quella corte
A cui né ferro, né diamante è forte,
Assicurato m'han dal suo furore.
Quindi l'ali sicure a l'aria porgo;
Né temo intoppo di cristallo o vetro,
Ma fendo i cieli e a l'infinito m'ergo.
E mentre dal mio globo a gli altri sorgo,
E per l'eterio campo oltre penetro:
Quel ch'altri lungi vede, lascio al tergo.
DIALOGO PRIMO
INTERLOCUTORI
Elpino, Filoteo, Fracastorio, Burchio.
Elpino. Come è possibile che l'universo sia infinito?
Filoteo. Come è possibile che l'universo sia finito?
Elpino. Volete voi che si possa dimostrar questa infinitudine?
Filoteo. Volete voi che si possa dimostrar questa finitudine?
Elpino. Che dilatazione è questa?
Filoteo. Che margine è questa?
Fracastorio. Ad rem, ad rem, si iuvat; troppo a lungo ne avete tenuto suspesi.
Burchio. Venite presto a qualche raggione, Filoteo, perché io mi prenderò spasso de ascoltar questa favola o fantasia.
Fracastorio. Modestius, Burchio: che dirai, se la verità ti convincesse al fine?
Burchio. Questo ancor che sia vero, io non lo voglio credere; perché questo infinito non è possibile che possa esser capito dal mio capo, né digerito dal mio stomaco; benché, per dirla, pure vorrei che fusse cossí come dice Filoteo, perché se, per mala sorte, avenesse che io cascasse da questo mondo, sempre trovarei di paese.
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Piton Megera Filoteo Fracastorio Burchio Filoteo Burchio Filoteo
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