Elpino. Io intendo. Or seguite il vostro proposito.
Filoteo. Per tutte le raggioni, dunque, per le quali se dice esser conveniente, buono, necessario questo mondo compreso come finito, deve dirse esserno convenienti e buoni tutti gli altri innumerabili; a li quali, per medesima raggione, l'omnipotenza non invidia l'essere; e senza li quali quella, o per non volere o per non possere, verrebe ad esser biasimata per lasciar un vacuo o, se non vuoi dir vacuo, un spacio infinito; per cui non solamente verrebe suttratta infinita perfezione dello ente, ma anco infinita maestà attuale allo efficiente nelle cose fatte se son fatte, o dependenti se sono eterne. Qual raggione vuole che vogliamo credere, che l'agente che può fare un buono infinito, lo fa finito? E se lo fa finito, perché doviamo noi credere che possa farlo infinito, essendo in lui il possere ed il fare tutto uno? Perché è inmutabile, non ha contingenzia nella operazione, né nella efficacia, ma da determinata e certa efficacia depende determinato e certo effetto inmutabilmente; onde non può essere altro che quello che è; non può esser tale quale non è; non può posser altro che quel che può; non può voler altro che quel che vuole; e necessariamente non può far altro che quel che fa; atteso che l'aver potenza distinta da l'atto conviene solamente a cose mutabili.
Fracastorio. Certo, non è soggetto di possibilità o di potenza quello che giamai fu, non è e giamai sarà; e veramente, se il primo efficiente non può voler altro che quel che vuole, non può far altro che quel che fa.
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